In queste settimane, come accade regolarmente da qualche anno, sono tornate le polemiche sull’occupazione nell’ambito delle attività stagionali turistiche. Le imprese lamentano difficoltà a reperire la manodopera necessaria per la propria impresa; le organizzazioni sindacali affermano che le maestranze non si trovano a causa dello sfruttamento esercitato dagli imprenditori nei confronti dei lavoratori. Personalmente non credo alle semplificazioni: troppo facile dire che “è tutta colpa del reddito di cittadinanza” ed altrettanto è scorretto demonizzare intere categorie di imprenditori additandoli di essere sfruttatori.
Questo modo, profondamente sbagliato, di affrontare una tematica seria, sta mettendo a rischio la tenuta e la reputazione di un modello turistico che ha fatto scuola in tutto il mondo. La Romagna sinonimo di accoglienza, ospitalità, enogastronomia, servizi, sorrisi. Diatribe a parte, è un problema più importante di quanto si possa credere e in futuro i settori alberghiero, della ristorazione e balneare conosceranno difficoltà crescenti. Perché rischieranno di non avere il personale, in particolare personale qualificato, per gestire la propria attività. Per provare a spiegarmi ci spostiamo indietro di venti anni e scattiamo una fotografia. Fra gli studenti era diffusa l’abitudine di lavorare in estate: nel turismo o in agricoltura; un fenomeno che riguardava migliaia di persone che conoscevano in questo modo il mondo del lavoro. La professione di cameriere o aiuto cuoco era paragonabile a qualsiasi altra attività lavorativa. La stagione in ambito turistico o agricolo permetteva di ottenere un dignitoso assegno di disoccupazione. Se facciamo la stessa fotografia oggi, le differenze sono significative. Gli studenti che lavorano in estate sono un’esigua minoranza. L’assegno di disoccupazione è diventato insoddisfacente. Il tasso di scolarizzazione più elevato porta molti giovani a cercare occupazioni diverse, in sintonia con il titolo di studio acquisito e non accettando lavori come quello del cameriere. Questa condizione generale si aggraverà nei prossimi anni in quanto chi andrà in pensione, con sempre maggiore difficoltà sarà sostituito da un giovane che sceglierà di fare analoga professione nella propria vita.
Di pari passo si pone il problema della formazione. Hotel, ristoranti e stabilimenti balneari, giustamente, puntano sulla crescita qualitativa della propria offerta. A questa crescita dovrebbe corrispondere un’adeguata professionalità del personale impiegato nei servizi. Ma tale personale è sempre più difficile da reperire.
Questo significa che uno dei punti di forza della ripresa economica, il turismo, potrebbe conoscere una battuta d’arresto proprio per mancanza del personale. Intervenire è indispensabile e urgente, rendendo più appetibili le professioni turistiche. Per esempio ripristinando un assegno di disoccupazione sensibilmente più elevato e più in generale concordando fra parti sociali e istituzioni soluzioni idonee a superare difficoltà che aumentano di anno in anno.
Graziano Gozi
(direttore Confesercenti Ravenna•Cesena)
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